Affacciarsi da un precipizio, salire in cima a un albero, attraversare un ponte tibetano sospeso nel vuoto. O, semplicemente, prendere un ascensore a vetri che sale all’ultimo piano di un palazzo. Chi soffre di vertigini non si cimenterebbe mai in queste esperienze. Eppure, se lo facesse potrebbe liberarsi della invalidante e tanto diffusa fobia. Lo hanno dimostrato i ricercatori dell’Università di Oxford che grazie alla realtà virtuale hanno permesso a un gruppo di pazienti di cimentarsi in esperienze ad altezze impensabili. I partecipanti all’esperimento hanno infatti camminato su piattaforme sospese nel nulla e salvato gattini rimasti intrappolati sui rami più alti di un albero.
Dopo quattro settimane di simulazioni immersive la paura del vuoto, misurata con il punteggio su una scala di valutazione specifica, si era ridotta di due terzi.
«Nella realtà virtuale - ha spiegato Daniel Freeman dell’Università di Oxford a capo dello studio - le persone possono avviare ripetutamente la simulazione delle situazioni quotidiane che destano preoccupazione ed essere guidate a pensare, sentire e comportarsi nel modo migliore.
Il bello è che la consapevolezza che si tratta di simulazioni permette alle persone di sperimentare cose che avrebbero evitato nella vita reale».
Lo studio ha coinvolto cento persone che sono state divise in due gruppi: il primo è stato sottoposto a sei sedute di realtà virtuale della durata di 30 minuti, il secondo, nel ruolo di gruppo di controllo, non ha ricevuto nessuna terapia. In media i partecipanti soffrivano di acrofobia da circa 30 anni in misura moderata o elevata.
Ebbene, alla fine della terapia le persone che avevano indossato il visore della realtà virtuale avevano un livello di paura del vuoto di 25 punti inferiore a quello registrato prima dell’esperimento.
«Dopo tutto - ha detto Freeman - le persone hanno scoperto che potevano andare in luoghi inimmaginabili, come arrampicarsi su una montagna ripida, attraversare un ponte di corda insieme al proprio figlio o semplicemente usare un ascensore del centro commerciale»
La principale novità di questo studio pubblicato su Lancet Psychiatry consiste nel fatto che alle sedute terapeutiche non ha preso parte nessuno psicologo. I pazienti sono stati accompagnati nelle loro camminate vertiginose da un “virtual coach” che dava suggerimenti sul da farsi a seconda delle circostanze.
I ricercatori, tuttavia, non ritengono che la realtà virtuale possa sostituirsi a un terapista in carne e ossa ma la considerano una valida ed economicamente vantaggiosa opportunità in caso di mancanza di personale specializzato.
La realtà virtuale potrebbe essere usata con altrettante efficacia per curare altre fobie come, per esempio, quella di volare. Freeman e i collegi hanno scelto di sperimentare la terapia virtuale sulla paura dell’altezza perché è la fobia più diffusa. Si stima, infatti, che una persona su cinque abbia sperimentato il timore del vuoto almeno una volta nella vita.
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